10 gennaio 2024

Intervista a Ginevra Nervi, compositrice e producer di musica elettronica

Classe 1994, ha conquistato la borsa di merito per “Arrangiami! 100 Anni per il futuro”, organizzato dal Gruppo Editoriale Bixio e si sta facendo strada anche nel mondo delle colonne sonore
Ginevra Nervi

Ginevra Nervi

Classe 1994, Ginevra Nervi è compositrice e producer di musica elettronica. La sua ricerca si basa sull’esplorazione timbrica vocale e su tecniche di manipolazione sonora. Nel 2022 ha pubblicato “The Disorder Of Appearances” per Tempesta International, portandolo in tour sia in Italia che Salisburgo, Linz, Vienna, Copenaghen, Tallin. 

A dicembre ha conquistato la borsa di merito per il contest “Arrangiami! 100 Anni per il futuro”, organizzato dal Gruppo Editoriale Bixio per il centenario del Gruppo e sostenuto da SIAE, con la direzione artistica di Giordano Sangiorgi, Franco Bixio e Renato Marengo, con il riarrangiamento di “Sirene” di Massimo Nunzi.

Negli ultimi tre anni ha lavorato in diverse produzioni per serie tv Rai, Mediaset, Netflix e Prime Video (Curon, Prisma, L’ispettore Coliandro, Il cacciatore, Il processo, SKAM Italia 4). 

Però, quando nel 2020 ha ricevuto l’e-mail dalla Bixio Academy, che indiceva un contest per giovani compositori invitati a riarrangiare temi storici di colonne sonore e sigle di serie scegliendo tra le 50 messe a disposizione, Ginevra stava muovendo i primi passi nel mondo del cinema.

Ci racconta quel momento?

Durante la pandemia mi è arrivata la e-mail da Bixio. Tra i 50 brani ho scelto “Sirene” di Massimo Nunzi: un tema essenziale ma elegante, che ho riarrangiato in chiave dark, un po’ cupa. Dopo qualche settimana è arrivata la conferma che ero passata tra i finalisti. Nel settembre 2020 mi hanno ricontattato per tornare a Roma per l’annuncio dei finalisti. Avevo iniziato a firmare progetti per il cinema proprio quell’anno ed ero stata alla 77^ Mostra di Venezia con le composizioni originali per il documentario Fuoco sacro di Antonio Maria Castaldo e il film Non odiare di Mauro Mancini. Quando mi ha chiamato Bixio per dirmi “Abbiamo pensato darti una borsa di merito” è stato bello perché arriva in un momento molto felice della mia carriera. Nei 3 anni trascorsi dall’iscrizione al concorso ho fatto molti passi, mettendo un piede davanti all’altro. Il rapporto con Bixio ha innescato una serie di reazioni a catena perché nelle prime convocazioni come semifinalista e finalista ho conosciuto due music supervisor – Silvia Siano e Federico Diliberto Paulsen - che mi hanno proposto di fare un pitch per la colonna sonora originale della prima stagione della drama teen series Prisma. Mi scelsero, e ora sto lavorando anche sulla seconda stagione.

Com’è passata dalla musica elettronica al mondo delle colonne sonore?

Nel 2016 avevo pubblicato il mio primissimo disco, prodotto da Pivio e Aldo De Scalzi. Era ancora musica new wave/post punk e loro mi chiesero di adattare un brano come sigla de Il Commissario Rex diretto dai Manetti Bros. La collaborazione è continuata fino al 2020, e mi ha portato alla nomination nel 2021 ai David Di Donatello per la categoria “miglior brano originale” con “Miles Away”, composto per “Non odiare” di Mauro Mancini. In quel caso abbiamo coscritto il brano praticamente a tre mani e io lo interpreto anche. Ho collaborato con loro in veste di autrice di brani originali, oppure capitava che avessero bisogno di me per canzoni sul genere post punk in film o serie dei quali firmano la colonna sonora. Fanno parte della mia gavetta e siamo in ottimi rapporti. Faccio anche parte con loro di Acmf, l’associazione dei compositori di musiche da film.

Come musicista aveva esordito a 18 anni.

Ho iniziato a fare musica come quasi tutti da piccolina. A 13 anni ho scritto le mie prime canzoncine voce e chitarra acustica, poi mi sono spostata su chitarra elettrica e basso elettrico. Successivamente ho iniziato a registrarmi per riascoltare quello che facevo e da lì il passo è stato breve: produrre musica a livello domestico mi ha aperto un mondo di strumenti tecnologici per poter fare musica. Da lì ho iniziato a produrre i miei brani per il mio progetto solista. Ho buttato fuori un po’ di singoli, prima in maniera indipendente, poi in collaborazione con etichette discografiche. L'ultimo disco, The disorder of Appearances (2022), è sotto Tempesta di Enrico Molteni.

Oggi il binomio producer-compositore è frequente. Come mai?

Il “producer” inteso come si intende nel mondo della musica pop è solitamente colui che produce la propria musica in autonomia (spesso nel suo studio domestico) per il proprio progetto o per altri (cantanti, interpreti, rapper ecc). Quindi sia il “producer” che il compositore di fatto sono figure che scrivono/arrangiano/compongo la propria musica. Un tempo potevamo dire che lo facevano in modo diverso, ma oggi le differenze possono essere anche minime… Ad esempio, si avvalgono delle medesime tecnologie per fare musica. Le forme d’arte e di linguaggio cambiano, si evolvono, di conseguenza anche figure come quelle dei produttori (o producers) da anni ormai hanno iniziato ad occuparsi della composizione per le immagini.

Quanto c'entra con quello che fa il fatto di essere nata a Genova, terra di cantautori?

Sono molto legata ai miei territori e alla mia città. Io sono nata a Genova ma sono cresciuta nell'entroterra genovese, nella realtà più rurale possibile. Ora vivo a Roma da un paio d’anni, ma ho trascorso tutta l’infanzia e l’adolescenza a Rossiglione, un paesino dell'entroterra ligure a 10 km dal confine col Piemonte, sull’appennino ligure, in aperta campagna, dove appena posso ritorno. Io facevo la pendolare per andare a studiare a Genova e lo scontro campagna/città di porto è molto forte in quello che faccio: contenere in un piccolo spazio sia la montagna che il mare. La Liguria è angusta e stretta ma estremamente variegata e Genova racchiude tutto. È una città multiculturale e la scena underground genovese è sempre stata variegata; quindi, gli input creativi che un giovane autore può ricevere sono tantissimi. Il problema sono gli output: è una città restia a promuoversi e a promuovere. Tutto il contrario di Milano, che - come si dice - potrebbe “vendere il ghiaccio agli eschimesi”. A Genova magari hai una pepita d’oro ma non la metti sotto i riflettori. È più facile trovare genovesi sparsi per il mondo che magari hanno fatto cose interessanti quando non erano più a Genova. Però quando ritorni hai sempre quel senso di appartenenza fortissimo, un magone.

Nostalgia o tristezza?

Nessuna delle due, è un magone positivo: in ogni strada e in ogni piccolo locale mi rivedo bambina che faccio gavetta con le varie band punk che ho messo su. Il primissimo duo musicale lo fondai con la mia migliore amica a 15 anni, io chitarra e voce, lei voce. Ci chiamavamo Youthful Attic perché provavamo nella mansarda di casa. Poi la band punk “Why not macadamia” e altre formazioni, che si appoggiavano al mio nome, Ginevra, e suonavamo brani miei. Portavo in saletta delle bozze di brani e poi il batterista bassista o il secondo chitarrista le arrangiavano, e andavamo live.

Dove si sente davvero se stessa? Quando compone musiche o quando si esibisce?

Il palcoscenico per me resta la gioia più grande, la dimensione che mi realizza di più. Si è appena concluso il tour legato a “The Disorder of Appearances”, tributo alle pioniere e ai pionieri della musica elettronica. Per tutto il 2022 l’esibizione è stata senza visual affiancato durante la performance dal vivo, perché il disco non nasceva con questa idea. Poi mio fratello mi ha proposto di renderlo un A/V show, creando un montaggio sulla musica con l’utilizzo solo di materiale di repertorio. Questo perché con il mio disco ho fatto uso massiccio campioni di suoni e rumori. Edoardo, seguendo il concept dell’album, mi ha proposto un processo al contrario, dalla musica a un film muto realizzato con i materiali dell’archivio Prelinger, una specie di Istituto Luce americano, e abbiamo creato un film di 1h15’ che per tutto il 2023 ho portato nei teatri e ai festival.

Che possibilità offrono ai compositori di colonne sonore le piattaforme?

Con l’avvento delle piattaforme la produzione seriale e filmica si è quintuplicata e così le possibilità di ingaggio per i compositori. Nonostante questo, a volte sembra che il lavoro manchi. Questo perché su alcuni progetti c’è la volontà di voler coinvolgere un compositore in altri casi l’approccio è diverso perché c’è bisogno di produrre velocemente e per assurdo tutti i compositori dovrebbero lavorare tantissimo. invece questa cosa a volte non succede poi capita magari si percepisce la resistenza nel coinvolgere nomi giovanissimi ma il trend sta cambiando. È un mercato estremamente variegato per un pubblico variegato, quindi le possibilità ci sono, bisogna solo mettersi d’accordo.

Ricordando il passato e guardando al futuro: che ne pensa dell’AI nella musica?

Spaventa il fatto che un algoritmo ben gestito possa produrre materiale apparentemente di altissima qualità, ma spero vinca sempre il lato umano, la pelle la carne le ossa dei compositori e soprattutto la componente di errore, perché siamo imperfetti e quello che facciamo contiene in sé l'errore. Non siamo programmati, siamo realmente imprevedibili, e spero che la voglia di condividere con altri esseri umani il piacere di creare abbia la meglio. Sta a noi capire come regolamentarla e utilizzarla in maniera intelligente e non autodistruttiva. Mi preoccupa il fatto che già viviamo in un momento storico dove la figura del compositore a volte viene un po’ messa da parte perché - per scelte banalmente economiche - si preferisce “pescare” da una libreria musicale senza coinvolgere un compositore che firmi una colonna sonora originale. Nel grande cinema d’autore non accade perché resta lo zoccolo duro dei registi che vogliono lavorare con un compositore, consapevoli del fatto che un nome e uno stile possono dare un di più al progetto. Nei progetti più di consumo, dove i produttori o addirittura i registi non hanno interesse a voler dare spazio a un racconto musicale originale, preferiscono brandizzare il prodotto utilizzando brani di repertorio molto famosi o di tendenza. Stranger things è un caso esemplare in cui colonna sonora originale e musica di repertorio vanno a braccetto, sono perfettamente integrate a livello narrativo e si completano una con l'altra. 

C’è un regista con cui vorrebbe lavorare?

Con le opere prime ho sempre moltissime soddisfazioni perché vedi come – insieme - si crea qualcosa di genuino e di nuovo partendo da zero. Così è stato con Lyda Patitucci, che avevo incontrato per le musiche di un episodio della serie “Curon” diretto da lei e Fabio Mollo: lei si è ricordata della mia musica e a distanza di due anni mi ha ricontattato per la colonna sonora del suo primo film, Come pecore in mezzo ai lupi”, con Isabella Ragonese e Andrea Arcangeli. Lavorare insieme da zero, già sulla sceneggiatura, è tutta un’altra cosa.

CONDIVIDI L'ARTICOLO

    Leggi anche