29 aprile 2024

Nella Giornata Internazionale della Danza parliamo con Luciano Cannito del significato di questa celebrazione

Il coreografo e regista, che ha lavorato nei più importanti teatri del mondo, è membro del Consiglio di Sorveglianza SIAE, e spiega come ha raggiunto i suoi traguardi: con passione e follia
Luciano Cannito con Carla Fracci

Luciano Cannito con Carla Fracci

Oggi si festeggia la Giornata Internazionale della Danza. Istituita nel 1982, la data del 29 aprile commemora il giorno di nascita di Jean-Georges Noverre, nato nel 1727 e considerato il creatore del balletto moderno.

Parliamo del significato di questa celebrazione con un autore, coreografo e regista che ha lavorato nei più importanti teatri del mondo, realizzando più di ottanta balletti (tra cui Franca Florio, regina di Palermo, Cassandra, Amarcord, Carmen, Romeo e Giulietta e Mare Nostrum) e ricoprendo, già da giovanissimo, importanti ruoli di direzione artistica in Italia (a 34 anni è stato il più giovane direttore della storia delle fondazioni lirico-sinfoniche), collaborando con grandi nomi della musica e del teatro, da Lucio Dalla a Roberto De Simone. Dopo dieci anni nel ruolo di vicepresidente della Commissione Lirica SIAE, dal 2022 è membro del Consiglio di Sorveglianza della Società Italiana degli Autori ed Editori.

Luciano Cannito, che significato ha per lei la Giornata Internazionale della Danza?

È una presa di coscienza planetaria di quanto la danza sia fondamentale nella vita delle persone e nella formazione dei giovani. Più passano gli anni e più si capisce quanto la motivazione possa cambiare la rotta di un’esistenza e la formazione di un adolescente. Sono state compiute ricerche scientifiche e anche i paesi che non avevano una tradizione di danza consolidata hanno capito quanto sia importante per stare bene nel corpo e nella mente. 

Al di là della consapevolezza storica che il corpo è il tempio dello spirito e dello stare bene, e che - quindi - un'arte fatta con il corpo è un'arte sacra, ci sono anche nuovi studi che indicano il ballo come la migliore attività per il corpo umano, perché oltre a tenerlo in forma rilascia endorfine e fa bene al cuore. 

Non sappiamo se sia nata prima la musica in quanto ritmo che seguiva il battito del cuore o la danza che faceva muovere il corpo seguendo il ritmo del battito cardiaco, in ogni caso musica e danza sono nati con l'umanità.

E il suo inizio con la danza?

La casualità e le coincidenze. A 5 anni ho iniziato a studiare pianoforte e grazie ai miei genitori la mia vita ha preso da subito strade che avevano a che fare con il mondo artistico. Da bambino rimasi affascinato dal musical Sette spose per sette fratelli, che veniva trasmesso in televisione durante le feste di Natale. Mia madre mi raccontava che dopo aver visto quel film andavo in giro per casa ballando, saltando, imitando i cowboy in quel famoso ballo. 

A 13 andai a vedere il saggio di danza di una fidanzatina e mi piacque tantissimo. Mi propose di andare con lei a lezione, la maestra mi disse che ero portato e mi assegnò il ruolo principale dopo pochi mesi. Avevo già uno spiccato senso teatrale, avendo fatto anche teatro da piccolo: recitavo le commedie di Scarpetta nei ruoli dei bambini, tra cui il Peppeniello di Miseria e nobiltà

In quegli anni vivevo a Napoli, e mi portarono a vedere la Giselle con Carla Fracci al teatro San Carlo. A quei tempi non c'era Internet, le cose non le conoscevi se non le vedevi dal vivo. Entrai in questo luogo e rimasi a bocca aperta, non sapevo esistessero posti così, che quando ci entri ti manca l'aria per la bellezza. Mi sembrava un tempio immenso e i ballerini dei semidei. Insomma, tante coincidenze che stavano segnando il mio destino, quello di un ragazzo che avrebbe dovuto fare il medico.

Perché avrebbe dovuto fare il medico?

Dopo il liceo classico pensavo mi sarei iscritto alla Facoltà di Medicina. Poi certo, studiavo danza, ma pensavo fosse “solo” una passione, un hobby. Alla fine degli Anni Settanta i preconcetti sui ballerini erano immensi. Nel 1980 Fame iniziò a veicolare informazioni diverse, ma non era facile. Il primo anno di danza io l'ho studiato di nascosto, a casa non lo sapeva nessuno. La storia raccontata in Billy Elliot l’abbiamo vissuta in molti.

Quando ha scelto di passare alla regia? 

Nella vita mi ha sempre incuriosito la parte creativa, il dietro le quinte. Cominciai da subito a chiedere “Come si fa un balletto? Come si costruisce?”. Ho iniziato nella coreografia, la vera parte creativa della danza, tanto è vero che in SIAE è la coreografia a esser tutelata come opera dell'ingegno. 

Per fare la regia di un balletto hai solo bisogno della creatività necessaria per unire ciò che hanno creato altri: lo scenografo, il compositore delle musiche, il coreografo. Ma la coreografia è un foglio bianco: se tu entri in una sala di danza, trovi muri, barre, specchi, un pavimento e nient'altro. Il coreografo scrive una partitura di tutto quello che accade dal momento in cui inizia a indicare a degli esseri umani come devono muoversi, su quale battuta musicale devono fare quel movimento, quando entrare, quando uscire.

Su due ore di musica ci sono migliaia e migliaia di movimenti, esattamente quante sono le note. Oggi i sistemi di notazione scritta sono totalmente in disuso, perché con i video non c'è più bisogno di scrivere i movimenti. Un lavoro immenso che grazie alla ripresa video può essere evitato. La videoregistrazione è quello che occorre per completare il deposito in SIAE. L’invio del video può anche essere successivo alla presentazione del bollettino di dichiarazione: l’importante è che si creino un rapporto e uno scambio di informazioni costante e diretto tra coreografo e SIAE per garantire la tutela immediata dell’opera coreografica, la sua riferibilità al coreografo che l’ha creata, e un tempestivo incasso dei diritti.

Lei si è iscritto in SIAE a 27 anni. Che successe in quel 1989?

Lavoravo con la Batsheva Dance Company in Israele, e con loro ho fatto le mie prime coreografie. Nel 1989 sono tornato in Italia con la voglia di creare cose mie, e ho messo insieme una compagnia di 12-13 persone. Chiesi le musiche al compositore Marco Schiavoni, che era iscritto alla SIAE. Fu lui a consigliarmi di depositare il mio primo balletto. Il balletto è stato la maggior parte della mia vita professionale, anche se poi ho lavorato e lavoro come regista teatrale e ho diretto un film, La lettera.

Infatti: di cinque anni dopo è l’iscrizione alla sezione Dor (Dramma e Opere Radiotelevisive) e del 2007 quella a Cinema, un percorso che riflette la sua poliedricità artistica.

Papà mi chiamava “cavallo selvaggio” perché mi buttavo in mille cose. L'ho perso quando avevo 16 anni e questo ha cambiato molto la mia vita: andai a lavorare ai mercati generali alle quattro di mattina tre volte settimana, e alle otto e mezza entravo a scuola. Quando lo racconto mi dicono sempre “è stata dura” ma la verità è che non l’ho vissuta così. Il dramma immenso di perdere papà all’improvviso è stato anche una grande lezione di vita: mi ha insegnato ad apprezzare l'importanza di vivere ogni momento con gioia, serenità e felicità, perché ogni momento è un regalo. Sapevo che era importante che io dessi una mano a casa, mamma non lavorava, eravamo quattro fratelli e ognuno di noi faceva quello che poteva; ma non ho mai pensato al mio “povero destino”, perché mi sentivo appassionato.

Oggi com’è cambiato quel ragazzo?

È cambiato poco. Molti mi dicono che ho la sindrome di Peter Pan, però non è una cosa totalmente negativa. Alcuni studi confermano che la creatività è più sviluppata nelle persone che conservano qualcosa di infantile.

Il primo traguardo importante?

La mia prima produzione alla Scala e la mia prima al Metropolitan di New York non le scorderò mai. La Scala era un mio sogno, il Metropolitan era totalmente al di là di qualsiasi mio sogno, non ho mai neanche immaginato che potesse accadere. 

Per questo io penso che non sia giusto educare i ragazzi a stare troppo con i piedi per terra solo per non incappare nella delusione o nella frustrazione. Sognare - e noi in SIAE facciamo questo: tuteliamo i sogni – è il carburante del nostro motore, allora perché non lasciare che i giovani inseguano i propri sogni senza spegnerne gli entusiasmi per paura che restino delusi?

A 34 anni dirigeva il teatro San Carlo di Napoli, poi è stato Direttore Artistico del Balletto di Napoli, del Balletto di Roma, del Massimo di Palermo e nel 2023 è diventato presidente del Teatro Stabile Mercadante di Napoli, oltre a essere direttore artistico del teatro Alfieri e del teatro Gioiello di Torino, e dell’Art Village di Roma. Come trova il tempo per tutto?

La risposta è sempre la stessa: la passione. L’ Art Village è il più grande centro di formazione italiano in arti performative e offre una laurea triennale breve in Performing Arts che in Italia non esiste. O meglio, esistono le lauree artistiche naturalmente - quella del Dams per quanto riguarda le materie teoriche e accademiche, la Silvio D’Amico o il Piccolo di Milano per la recitazione, accademie nazionali di danza e i conservatori per la musica e il canto - ma non c’è nessuna università che ti dia sia la parte teorica-accademica che pratica-artistica. Questa è prassi normale nei paesi anglosassoni, infatti siamo partner della University of the West of Scotland e forniamo il famoso “pezzo di carta” ai giovani. Il principio anglosassone, che io sposo in pieno perché l'ho sperimentato su di me, è che un artista è anche un'azienda e quindi deve sapersi vendere, fare marketing di se stesso.

In questo senso cosa si sente di dire a chi muove i primi passi nel mondo della coreografia?

A me ha aiutato tantissimo depositare i miei lavori in SIAE per due motivi. Il primo è che mi ha messo inevitabilmente di fronte al fatto che il lavoro che io facevo ha delle regole e un mercato. Quindi insegna ai giovani a non farsi prendere in giro e a far sì che le persone non abusino del loro talento, perché un giovane che ha passione pagherebbe per mettere in scena i propri lavori, e non si rende conto che è lui a dover essere pagato, perché non c'è un sipario che si apre senza un'opera creativa. 

Secondo: mi ha dato un senso di appartenenza, di identità storica e anche estetica e culturale. Non ero più il ragazzo con una passione e basta, che faceva un lavoro pure poco riconosciuto: mi sono reso conto che avevo dei colleghi, ho avuto modo di incrociare persone più grandi di me che mi hanno insegnato un sacco di cose. Mi ha messo nella dimensione di rendermi conto che potevo vivere del mio lavoro e così è successo: io ho iniziato a vivere del mio lavoro e paradossalmente - paradossalmente per il comune sentire dell'ambiente culturale in cui vivevo - ho superato anche dal punto di vista del riconoscimento sociale ed economico tante persone che mi avevano sempre un po’ deriso o giudicato.

A quali progetti sta lavorando? 

In questo momento stanno girando in italia tre musical e un balletto prodotti da Fabrizio Di Fiore Entertainment, una nuova realtà italiana dello spettacolo dal vivo. Con Fabrizio abbiamo appena rilevato i diritti del musical internazionale “Rocky” scritto da Sylvester Stallone, che in Italia non è mai stato fatto, e voglio fare una versione hi tech del “Lago dei Cigni” di Čajkovskij. In America è in scena il balletto “Vacanze romane” e farò il film in versione balletto. Infine, un film che non c'entra niente con la danza ma con un altro mio grande amore: la Storia. Il film è tratto da “Le menzogne della notte” di Gesualdo Bufalino.

Film, libro, canzone, quadro che per lei simboleggiano la Danza. 

Film: Turning Point di Herbert Ross con Baryshnikov. Negli anni Ottanta è stato un punto di svolta per noi che stavamo entrando nel mondo della danza, e Les uns et les autres di Claude Lelouch.

Libro: La danza contemporanea di Leonetta Bentivoglio

Canzone: Balla balla ballerino di Lucio Dalla mi faceva pensare a me quando la sentivo, e poi If you leave me now dei Chicago. Non c'entra niente con la danza ma la sentivo mentre studiavo e la associavo alla danza, non a una donna. 

Immagine: Non posso non citare le ballerine di Degas, ma La danza di Matisse che ho visto al Moma mi ha colpito perché rappresenta un mondo che sento più vicino a me, mi ricorda la follia che è dentro di me.

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