31 gennaio 2024

Quando Gigi Riva tornerà

Intervista con Piero Marras, autore del brano dedicato a "Rombo di Tuono"
Piero Marras

Piero Marras

Quando tra 200 anni si vorrà raccontare l’influenza del calcio nella società italiana, sarà naturale prendere ad esempio Luigi Riva, detto Gigi, da Leggiuno (Varese), che tra gli anni ’60 e ’70 trascinò il Cagliari ai vertici del campionato, diventando il simbolo del riscatto, non solo sportivo, di un’intera regione.
La recente scomparsa di “Rombo di Tuono” ha riportato alla ribalta “Quando Gigi Riva tornerà”, una canzone scritta nel 1982 da Piero Marras (all’anagrafe Pietro Salis), cantautore e polistrumentista nuorese, iscritto SIAE, già colonna sonora di uno splendido docufilm del 2022 scritto e diretto da Riccardo Milani e dedicato proprio al grande attaccante.

Come nasce questo pezzo?

“Seguo il Cagliari da quando sono bambino e con il mio babbo andavamo a vedere le partite al vecchio stadio Amsicora. Ovviamente ho vissuto con entusiasmo tutta l’epopea di quella squadra che, guidata da Riva, nel 1970 regalò uno degli scudetti più incredibili della storia del campionato italiano. Nel 1982 la squadra si ritrovò in Serie B e sentii l’esigenza di “evocare” un ritorno sul campo di un eroe calcistico che solo 12 anni prima ci aveva regalato una gioia cosi grande”


Cosa ha rappresentato Riva per lei e per la Sardegna tutta?

“L’importanza di Gigi Riva ha superato i confini del campo di gioco. E’ stato vissuto come un condottiero, un eroe moderno in grado di scrivere la Storia di un intero popolo dal suo interno e non da fuori, come purtroppo è successo spesso nei secoli”.


Eppure Riva veniva dalla provincia di Varese..

“Si, ma sembrò subito un uomo del destino, che trovò nella Sardegna e nei suoi abitanti una realtà affine alla sua indole: apparentemente schivo e ruvido, ma di animo nobile e pronto a lottare contro una consolidata realtà calcistica abituata a vedere trionfare le squadre del Nord. 
Riva da subito abbracciò la realtà “popolare” in cui si immerse, senza mai esserne soffocato. Fu per lui normale, fino agli ultimi giorni della sua vita, vivere Cagliari e la sua gente come fosse nato lì, lontano da tutti i vezzi da divi che oggi contraddistinguono i calciatori moderni. Anche per questo rifiutò negli anni offerte importanti per andare a giocare in altre squadre: non avrebbe mai tradito il suo popolo”.


Come reagì alla sua canzone?

“Gli piacque molto e ne parlammo in diverse occasioni. Essendo ancora molto giovane (nel 1982 aveva 38 anni ndr.) e di indole modesta, riteneva quasi esagerato vedersi dedicare un brano. D’altronde fu una mia scelta arricchire il testo con riferimenti culturali che ne amplificassero il tono epico. Negli anni incontrai più volte anche i suoi figli che mi confermarono il suo affetto verso la canzone”.


Le piacerebbe se diventasse l’inno ufficiale del Cagliari?

“So che la canzone è stata cantata dalla folla al termine delle esequie funebri e anche prima della partita casalinga contro il Torino. Se davvero il nuovo Stadio del “Casteddu” venisse intitolato a Riva, sarebbe bello che diventasse una canzone da cantare insieme prima di ogni match. Non con tono nostalgico ma sempre, parafrasando Gramsci, con l’ottimismo della volontà”.

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